AUSCHWITZ... E IL RESTO
La mia situazione di ragazzo con lievi handicap fisici mi costringe, a volte, durante l’anno, a dovermi recare all’ospedale pediatrico San Raffaele di Roma. È un centro all’avanguardia, dotato delle più sofisticate tecniche per riportare ad una condizione di “parità” i bambini e le persone afflitte da malattie come la sindrome di Down, o che sono costrette sulle sedie a rotelle, con le persone che hanno la fortuna di non avere tali problemi. I pazienti di una casa di cura come questa sono assistiti da personale esperto come le infermiere, i medici pediatri e i terapisti. I pazienti in situazione di degenza rimangono insieme per almeno il sessanta-settanta percento della giornata, negli spazi ricreativi, in attesa delle visite mediche. Questo è come funziona, in soldoni, un centro di questo genere. Incontri bambini talvolta bellissimi costretti sulla sedia a rotelle, impossibilitati a camminare dalla terribile malattia. Ti fanno pena, dico la verità, ti distrugge il cuore vedere persone così giovani e innocenti trovarsi così. Però, in questo caso, si arriva alla conclusione che la malattia, anche la più grave, è cosa del mondo, e che proprio per allietare i malati, e aiutarli ad affrontare tale condizione venga proprio da questo tipo di strutture e di personale. È confortante, credetemi, sapere che esistono persone del genere. Io ne conosco molte, che mi hanno aiutato. Alcune di queste sono per me alla strenua di amici fraterni, gli voglio bene. Questa è la casa di cura: un posto d’oro, una casa dorata. Questo sono le case di cura oggi. Settantadue anni fà, nel
I bambini ad Auschwitz
C'è qualcosa che mi ha sempre tormentato, riguardo alla Shoah. Nel novembre del 2002, a scuola, lessi due brani che mi fecero capire fino a ché punto arriva l'orrore. L'orrore arriva a questo:
Così morì Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte.
Scomparvero così, in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli. … Li vedemmo un po’ di tempo come una massa oscura all’altra estremità della banchina, poi non vedemmo più nulla.
Levi, Se questo è in uomo, pagg. 20-21
Allora mi chiesi una cosa stupidissima, che non mi ero mai chiesto: "ma quanto è piccolo un bambino di tre anni? Quanto poteva arrivare in fondo quell'intento storico, puramente "ariano", per giustificare questo? Per arrestare, deportare, torturare con la fame ed infine gasare un bambino, a che punto si è arrivati su questo povero mondo? Io spesso me lo chiedo. E penso che, quando si dice "ricordati affinché non possa più accadere", non lo si faccia solo per retorica, perché penso che Ahmadinejad è lì, dietro l'angolo, con la sua follia negazionista e apertamente antisemita (o antisionista? Ma l'antisionismo può giustificare menzogne tanto grandi?). SOprattutto, penso che fin troppe persone abbiano dimenticato Emilia, Mario, Giada, e tutti gli altri bambini ebrei morti nei lager. Penso che, se qualcuno che è pronto a negare ancor'oggi, leggesse quelle righe, e poi guardasse negli occhi il suo bambino o la sua bambina, i suoi occhi gli s'incendierebbero (figurativamente, sia chiaro). Ecco perché sottoscrivo in pieno Mastella e la sua battaglia: anzi, estenderei la pena non solo per i crimini nazisti e fascisti, ma anche per ogni altro genocidio razzista attuato, da qualsiasi ideologia esso provenga. Qualsiasi.