Questo mese ho potuto visionare alcuni cult del cinema italiano ed americano, assieme ad un bellissimo film di cui vi parlerò nel "gran finale" del post.
Prima di tutto, ho avuto modo di verificare che Lucio Fulci, se avesse voluto, sarebbe potuto diventare un ottimo rivale a Dario Argento. Dico questo dopo aver comprato in DVD il film che è ritenuto dalla critica e dal pubblico il suo capolavoro "di genere":
"...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà!" (voto: 8). Il titolo fa ridere i polli, è vero, però credetemi: questo film è veramente uno stupendo horror d'atmosfera in perfetto stile anni '80! Si racconta la storia di una giovane ragazza di New York che arriva nella oggi compianta New Orleans perché ha ereditato un vecchio albergo in cui anni prima un pittore era stato assassinato perché incolpato di essere satanismo. Come potete immaginare, questo complicherà le cose. Fulci mette in scena un bell'horror d'atmosfera, nonostante la storia parli di zombie e gohul, cosa che fa pensare molto a George A. Romero e al fortunato filone dei "morti viventi", mettendoci però molta originalità. Io non amo molto questo regista, che è invece osannato da molti amanti del cinema di genere italiano, come non adoro gli ultimi lavori di Dario Argento. Secondo me si può ammirare un regista quando fa il suo lavoro bene, ma quando comincia a rifilare cazzate piene di sangue senza un pizzico di sceneggiatura, allora non ci stò più! Infatti, a parte "L'aldilà", ritengo il resto della filmografia di Lucio Fulci una vera porcheria. Altro che cult, secondo me...
Il secondo film che voglio segnalare è, naturalmente,
"C'era una volta il West", cult di fine anni '60. Ora, fra il pubblico cinematografico medio esistono alcuni "luoghi comuni", del tipo "Robert De Niro è il miglior attore mai esistito" oppure "Dario Argento è un grande regista". Alcune volte i luoghi comuni sono veri (è il caso di Bob De Niro, secondo me), altri ASSOLUTAMENTE NO (il secondo caso, a parer mio). Per me, "C'era una volta il West" appartiene al primo gruppo, è un capolavoro assoluto di tecnica, sceneggiatura e di recitazione (vedere Charles Bronson recitare assieme a Jason Roboards è veramente straordinario). Naturalmente, è Sergio Leone ad essere il protagonista per eccellenza, con la sua ottima perizia tecnica e la sua eccellente narrazione malinconica. Consigliato assolutamente. Voto:
10.Ho avuto modo di vedere anche il remake del 2003 di
"Non Aprite Quella Porta", il cult degli ani '70 diretto dal grande Tobe Hopper. Il remake è firmato invece da un tedesco, Marcus Niespel, e prodotto da Micheal Bay, il terribile regista di "Pearl Harbor" e "Armageddon". Credevo di ritrovarmi davanti a una cavolata, invece "Non Aprite Quella porta" riesce a spaventare e a dare forti emozioni, pur non essendo un capolavoro. Molto del fascino è dovuto al clima di malsana follia che il regista è riuscito a costruire nel film: ambienti sudici, personaggi mostruosi, i campi del Sud degli States ridotti a malinconici e tetri luoghi d'orrore. Voto:
7.Altro classico visto e apprezzato è il bellico
"Quella sporca dozzina" di Robert Aldrich, con Charles Bronson e Lee Marvin. Lo ritengo un eccellente film d'azione a sfondo bellico, carico di ambiguità e di "politicamente scorretto", molto appassionante e ben diretto, soprattutto per un appassionato di Storia come me. Bello, bello, bello. Voto:
8.Ma il film che più mi ha appassionato e convinto è un film del 2005, un piccolo capolavoro firmato dall'esordiente (alla regia)
Tommy Lee Jones:
"Le tre sepolture". Appartiene a quel filone di pellicole che, come "Mystic River" e la filmografia di Sean Penn, possono ritenersi a tutti gli effetti il nuovo cinema autoriale americano, che racconta la realtà statunitense odierna affrontando problemi civili e sociali in maniera molto poetica. Ho trovato "Le tre sepolture" uno stupendo affresco esistenziale: Pete, un ranchero texano donnaiolo, ha un amico messicano che lavora con lui. L'amico, Melquiades, viene assassinato da una guardia di confine violenta e egoista. Nessuno vuole indagare sul fatto, così Pete decide di tentare il tutto per tutto: spinto dal desiderio di giustizia (e dalla promessa che aveva fatto a Melquiades poco prima di morire) rapisce l'assassino, gli fa dissotterrare il cadavere di Melquiades e lo costringe a seguirlo verso il paese nativo della vittima, per dare degna sepoltura all'amico e fare giustizia col sangue... oltre ad essere un western "anomalo", più simile alla crudeltà di Sam Peckinpah ché all'ottimismo di John Ford, "Le tre sepolture" è una bellissima riflessione sul concetto di "identità" insito nelle minoranze perseguitate (sia essa messicana, basca, israeliana o palestinese) che lascia veramente a bocca aperta per la crudezza e per la malinconia. Un gran bel film, ve lo consiglio caldamente. Voto:
8.Bene, dopo avervi tormentato con le mie strampalate recensioni, non posso fare altro che augurarvi buona visione...