31.7.08

Avventura con Massimo Beffardi

Ieri ho cominciato una nuova avventura a D&D masterizzata da Massimo.
E' un'avventura ad ambientazione classica, per di più basata sullo schema "buoni vs orchi". C osì, nei panni di un possente barbaro, mi sono unito (in ritardo) alla compagnia protagonista del gioco, la quale è giunta nella baronia di Furl, un territorio preso d'assalto da orde di minacciosi "pelleverde" assetati di sangue.
L'obbiettivo della compagnia d'avventurieri è quella di eliminare la minaccia, ma la situazione è tutt'altro che facile: ci ritroviamo in un territorio boscoso, in mezzo a cui spuntano, di tanto in tanto, villaggi indifesi e quindi facile preda dei nemici.
La compagnia è numerosa, anche se al momento "frammentata" (ieri eravamo tre giocatori aiutati da contadini contro cinquanta orchi!) .
Devo dire che mi sono divertito. Sarà perché è tutto incentrato sul combattimento, o perché il mio personaggio al momento appare come una bella macchina da guerra, ma come ieri, a D&D, non mi ero mai divertito. Forse sono troppo rozzo per riuscire a divertirmi allo "Zeist", campagna incentrata invece sull'investigazione alla Lovecraft. Beh, che dire? Speriamo bene e in bocca al lupo a tutti!

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6.7.08

Il giorno è arrivato.




E' mio... ed è bellissimo...
a breve la recensione...

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14.6.08

E VENNE IL GIORNO - M. Night Shyamalan

Sugli Stati Uniti incombe ancora una volta la minaccia di presunti terroristi e le masse cominciano di nuovo a scappare dalle città e a rifugiarsi in campagna, in una nuova epopea che ha poco di epico e tanto di drammatico. Il pericolo è infernale: un’ondata di suicidi collettivi comincia scatenarsi sul territorio nazionale. Il buon Elliot, professore e marito tormentato, fugge con la moglie e la figlia del suo migliore amico ed affronta un mondo ancora una volta devastato dall’orrore del dopo-11 settembre. Sembra di vedere “La Guerra dei Mondi” di Spielberg, ma con un puntino in più di pessimismo: stavolta Shyamalan non scherza in quanto a gusto horror, la violenza è talmente tanta da appesantire quello che è si un film autoriale, ma che dovrebbe attirare molte persone nei cinema… sarà poi perché il suicidio è per me un atto atroce (non solo moralmente, quanto proprio fisicamente) da vedere, ma sinceramente tutta quella morte voluta mi ha disgustato. Non dico che non fosse negli intenti di Shyamalan utilizzare quel disgusto come mezzo comunicativo, ma ci sono altri autori che lo hanno fatto senza mettere su il museo degli orrori (vedi Cuaròn nel suo “I figli degli Uomini”). Senza contare che la sceneggiatura sembra veramente riciclare molte idee di altri film: lo stesso “La Guerra dei Mondi” proponeva già la digressione finale nella casa dispersa nelle campagne; sembra incredibile che Shyamalan lo abbia ripreso in modo così pedante. Come se non bastasse, le modalità con cui si propaga questa morte, una volontà di morire cieca e assoluta, ma che lascia evidentemente alle vittime il tempo di pensare ai modi più spettacolari per farla finita (ce n’è per tutti i gusti: dal frontale volontario alle file di boscaioli impiccati agli alberi dove stavano lavorando), fanno più di una volta sorgere il sorriso sulla bocca (la scena della vecchia che sbatte la testa contro le finestre ripetutamente è francamente imbarazzante). Non voglio condannare il film all’oblio, perché si deve ammettere che il plot narrativo ha il suo buon fascino e che i trailer non sono riusciti a svelarlo permettendoci un certo margine di sorpresa; solo, mi sembra che poi Shyamalan non riesca a colpire bene: dopo tanta violenza, l’ennesima riflessione sull’amore e sulla tranquillità familiare come mezzo per salvare il mondo dalla catastrofe. Sinceramente questo ce l’aveva già detto in “The Village”, ma anche già nel “Sesto Senso” e in “Sinqs”. Ciliegina sulla torta sono le ingenuità che accompagnano alcuni passaggi narrativi: si pensi alla scena in cui il treno si ferma in mezzo al nulla e magicamente tutti i passeggeri provenienti da New York trovano un veicolo per scappare… ma dai, stiamo scherzando? E vogliamo parlare dell’epilogo? Puf, e tutto finisce… per poi ricominciare proprio quando sembra che si possa essere un po’ speranzosi. Secondo me un certo regista/sceneggiatore dopo i fasti e i trionfi di “The Village” e “Il Sesto Senso” non sapeva più che pesci piglià… senza dubbio sono triste per lui, ma per favore, ci risparmi questa roba…

Voto di Fabio: sufficiente.

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26.5.08

SONO TORNATO!!

Caro Blog,
scusa per la mia assenza durata quasi sei mesi...
il problema era la mia non-voglia di aggiornarti, convinto che tutto sommato potessi fare a meno di te.
Chiariamoci, non sono certo stato assiduo nell'aggiornamento di questo blog, ma pazienza, solo alla morte non c'è rimedio.

A presto!

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17.12.07

Notizione Manniane

Michael Mann torna, e lo fa con stile.
DOpo un anno dall'uscita di "Miami Vice" (che rimane un bel film, anche se molto discutibile), il miglior regista noir mai esistito annuncia (lo scorso 5 Dicembre) il suo nuovo film: "Public Enemy", biografia del famosissimo gangster John Dillinger, attivo nella Chicago degli anni '20.
Il film, le cui riprese partiranno a Marzo 2008, sarà nelle sale nel 2009.
Prima di dire la vera chicca del film (sigh!) una considerazione è d'obbligo: tante sono le voci di nuovi progetti del buon Michael: un nuovo noir sui trafficanti di droga, con Daniel Day-Lewis, il da me attesissimo "The Few", warmovie che lo riunirà a Tom Cruise dopo l'ottima esperienza di "Collateral". Devo dire che quindi la notizia di questo nuovo film è arrivata come un fulmine a ciel sereno.
Ebbene, la cosa che più sconvolge è che a interpretare John Dillinger sarà lui:


E il mio commento fu: Minchia, Mann... che sorpresa.
Su IMDB la notizia è confermata... e c'è chi parla di una partecipazione di Robert De Niro.
Manniani e Deppiani di tutto il mondo... questa si che è una notizia...

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1.12.07

Voglia di noir (italiano).


Diario dell'ultima settimana.
Venerdì scorso: a Roma trovo "Crimini", il libro id racconti, e lo compro al volo. Assieme ci rimedio anche una delle puntate del serial, in DVD, quella di Camilleri che ho tanto stimato.
Venerdì è anche il giorno che fanno, su Raidue, un altro gran bel poliziesco per la TV: "Nebbie e Delitti", con quell'ambiguo essere chiamato Luca Barbareschi (che, seppur discutibile, è un bravo attore).
Inizio a leggere il libro. Finora, due considerazione:
  1. Alcuni film della serie mi sono piaciuti più dei racconti da cui sono stati tratti!
  2. Bisogna considerare che non tutti i racconti sono stati poi trasposti in film. Ad esempio, nella raccolta non ci sono né "Rapidamente" "Terapia d'Urto", rispettivamente di Lucarelli e Faletti, ma due storie completamente di rimpiazzo (quella di Faletti è orrenda).
Ora, questi due punti dovrebbero far intendere che i racconti non mi sono piaciuti. E invece no; il libro è bello, alcuni racconti, seppur diversi dai film, sono molto belli (tranne quello di De Silva: il film è veramente molto più bello).

Ancora: ho rivisto "Romanzo Criminale" di Placido e devo dire che l'idea che sia il miglior film noir italiano mai realizzato non riesce a uscirmi dal cervello. Ragà, non sarà COppola, non sarà Scorsese, ma c'ha ritmo ed è scritto veramente benissimo.

Ora, secondo me, qui ci troviamo davanti un intero popolo di cultori del noir che parlano italiano, e che sono arrivati ad usare linguaggi e tecniche veramente all'avanguardia. C'è tanta gente, in rete, che adora Camilleri, Lucarelli, Carlotto, Dazieri (bellissimi i racconti di questi due!), ma anche che segue le avventure del commissario Soneri su Raidue. E' bello vedere che tutti, pur criticando le imperfezioni, sono arrivati ad un dato di fatto: abbiamo una cultura di genere, ben evoluta, ben inserita nel contesto culturale italiano, con esponenti di un certo calibro (Camilleri è Camilleri, lo conoscono anche in America). Cioé, non siamo più ai tempi di "Alex l'Ariete", de "La Piovra" e di "Ultimo": abbiamo finalmente il noir, abbiamo finalmente uno strumento letterario "intelligente" per parlare e analizzare la realtà che ci circonda. Certo, anche io devo dire che ancora molte cose devono essere messe a punto: gradirei che nei racconti noir ci fosse sempre più morale e sempre meno moralismo, che molti registi lavorassero di più sullo stile così da arrivare a fare fiction TV che siano all'altezza degli standard esteri, o che gli sceneggiatori eliminassero qualche ingenuità di troppo. Tutto questo, pur continuando sulla grande strada del "noir mediterraneo". Sì, perché il nostro mica è noir all'americana. Eh, no. Lì c'è Humphrey Bogart con la sigaretta in bocca, solitario e mezzo alcolizzato. Qui in Italia abbiamo i cavalieri solitari, uomini comuni che si ergono soli contro le difficoltà della vita e che, quasi sempre, ci rimettono molto. E' una differenza non da poco. Secondo me è una bella differenza, nel senso che, da quello che ho potuto vedere e leggere, abbiamo sviluppato anche noi una sensibilità stilistica veramente interessante. Il lavoro da fare è tanto, ma secondo me quei "Coliandro" e quei "Crimini" sono un buon inizio.

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17.11.07

La sfida

Questa parte del lavoro non me l'avevano raccontata, fino allo scorso settembre.

Mi ero sempre detto che uno scrittore di noir non ha bisogno di mettersi a fare l'Agata Christie della situazione, creando trame affascinanti ma allo stesso tempo realistiche. Anzi, mi ero detto che, scrivendo noir, potevo lasciar perdere l'aspetto della forma "thriller" per dedicarmi ai sentimenti. Invece non è così: il bravo scrittore noir deve anche saper creare situazioni realistiche, che possano risultare credibili. Non è un precetto sicuro, ma ho deciso di prenderlo come approccio alla scrittura. Solo, è difficile, è una sfida: sei te che devi trovare una soluzione che permetta uno svolgimento della storia che non stoni, che sia un buon compromesso fra la tua fantasia e la realtà. Stai scrivendo un poliziesco, non un fantasy.
Da una parte mi piace; dall'altra, è il lato meno facile della cosa.

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