30.7.07

"L'Ombra dello Scorpione" di Stephen King: la mia opinione su un capolavoro.


TITOLO: “L’ombra Dello Scorpione” (orig. “The Stand”)
AUTORE: Stephen King
ANNO: 1978
GENERE: dramma fantascientifico (horror, avventura, thriller, dramma).

TRAMA

1980. La Terra, sovrappopolata e piena di vita, diviene da un giorno all’altro un immenso cimitero: una terribile epidemia fuoriuscita dai laboratori di ricerca dell’esercito americano si diffonde velocemente fra la popolazione. Con una velocità devastante, “Capitan Trips” (così la chiamano, ma i militari preferiscono il nome in codice Azzurro), fa strage di ogni essere vivente. Sopravvivono in poche migliaia, sono sparsi su tutti gli Stati Uniti e si ritrovano soli in un paesaggio che ricorda l’inferno di Dante. Nel giro di qualche settimana, la Società moderna e le nazioni sono cadute completamente. Ma non è la fine. Il diavolo manda sulla terra il suo messaggero; è un gioviale e “simpatico” tipo vestito da cowboy. È vecchio quanto il mondo, e ha intenzione di radunare un’armata micidiale. I corrotti e i malvagi si coalizzano, e a opporsi a loro, una vecchina di centootto anni, con alle spalle i giusti e i redenti. Il mondo è diviso. L’apocalisse è vicina. E l’umanità deve decidere solo da che parte stare.

RECENSIONE
Quando cominci a leggere “L’Ombra dello Scorpione”, se prima non hai letto altri “masterpiece” di King, quali “Shining” o “It” (come il sottoscritto, fermo a “Salem’s Lot” e “Cujo”), si ha un’impressione: si sta leggendo un’opera mastodontica. Tutto è mastodontico, su questo romanzo. La trama, dilatata, ricca di “appunti di fondo” e “sottotrame”; il cast di personaggi, che non si limita alla descrizione dei quattro (anti)eroi protagonisti; il setting, che comprende quasi tutto il continente nordamericano. Tutto fa parte di una complessa e allo stesso tempo “semplice” macchina che il grande narratore del terrore mette in moto e riesce a condurre senza ingolfare il motore e senza sbagliare strada. ogni elemento è allo stesso tempo innovativo e tradizionale, i temi portanti fanno parte del bagaglio della grande letteratura epica ma sono narrati in chiave moderna ed elaborata. Leggendo il romanzo, che non è un horror, ma una vera e propria “distopia”, a me è venuto in mente Tolkien, con le sue enormi praterie piene di eroi e malvagi che combattono (con le armi e con la volontà) la battaglia più grande, quella per la sopravvivenza. Anche gli eroi e i malvagi di King combattono, ma non sulle lande di Mordor con grandi armate, ma nella loro mente e nella loro coscienza, laddove il dolore e la sofferenza si amplificato e diventano distruttivi. I protagonisti del romanzo (elencandoli velocemente: una studentessa universitaria incinta, un uomo di provincia disilluso, un cantante rock attanagliato dai sensi di colpa e un sordomuto) non sono gli Aragorn e i Legolas armati e potenti, ma gente ordinaria (e tormentata) che si ritrova davanti una situazione terribile, e deve imparare a sfidare sé stessa, le proprie paure e le proprie angosce, per riuscire a sopravvivere. I fili conduttori del racconto sono tanto il coraggio e il valore quanto la sofferenza e la tristezza. Il Bene è debole e il Male è forte. La battaglia è violenta e dura, c’è il tradimento, il sacrificio e la disperazione, ma anche l’amore, la forza di volontà e l’audacia. Orrore e tenerezza convivono, ottimismo e pessimismo anche (con l’indice leggermente rivolto verso il secondo, ahimé…). È per questo (debole) equilibrio che “L’Ombra dello Scorpione” può essere assimilato ad un dramma psicologico. Poi, c’è l’altra dimensione, quella della descrizione dei vasti spazi americani, della costruzione della Nazione, quella del mito della frontiera che spira (più mesto che mai) fra le pagine del romanzo; c’è il western, il warmovie, il catastrofico, il gotico puro. C’è tutto, è questa la grandezza di questo capolavoro: racchiude l’essenza stessa del racconto d’avventura, fatta di sentimenti contrastanti che si scontrano e di sfidano continuamente. In cima c’è King, che si diverte a far soffrire e gioire-a far vivere-le sue creature, a inventare simbolismi più o meno a evidenti, a scrivere trattati sociologici in forma di dialogo. La sua grandezza è nel sapere narrare con uno stile relativamente semplice, una storia di certo complessa (complessa, ma “elementare” nell’universalità del suo messaggio). Almeno per quanto riguarda il sottoscritto, mi è stato praticamente impossibile non affezionarmi a molti dei personaggi descritti da King. Vivi con loro, soffri con loro, combatti con loro. E quando la storia non va come vorresti, preferiresti buttare il libro dalla spazzatura. Questo forse è ciò che accomuna le grandi storie, quelle che ti prendono, ti rapiscono, e ti portano nel mondo dell’immaginario, dove bene e male si incontrano, si scontrano, si confondono sotto il segno dell’epica. Questo è “L’Ombra dello Scorpione”, di Stephen King. Questo è uno dei libri più belli che abbia letto. Questo è un capolavoro. Voto: 9.

Conclusioni: se mai un giorno diventassi un regista, io farei un film su questo romanzo. Ma non un film unico. Dividerei il materiale su tre film (vi ricorda un certo Jackson?) così da approfondire bene ogni parte del romanzo. Sarebbe un proggetto colossale, ma mai, leggendo un libro, ho detto "diavolo, questo è il genere di opera puramente letteraria che, trasfigurata in film, non perderebbe un briciolo di fascino". Ed ho già in mente il cast! Sogna, ragazzo, sogna. E chi lo sa?

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